NOTE di Stefano Levi Della Torre dall'11 ottobre al 24 novembre 2023
Segue in questo secondo contributo che ci ha inviato Giovanni Leone, la pubblicazione di alcune note di Stefano Levi Della Torre, sperando che la lettura possa essere utile in preparazione dell'incontro di mercoledì 20 marzo In-oltre alle ore 18,30
https://us02web.zoom.us/j/89077472545?pwd=RVNoaE1pSUNFSmRlMlBRR3phaHZLQT09
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Hamas, Israele, Gaza di Stefano Levi Della Torre
Nota dell’ 11/10/23.
Stordito dagli orrori dell’aggressione di Hamas nel Sud di israele, sabato 7 ottobre 2023, solo ora comincio a cercare di distinguere qualcosa.
Da un lato c'è un gigantesco orrore terroristico, dall'altro c'è chi lo agita emotivamente per ribadire che Israele è più vittima che responsabile di ciò che avviene, in modo che le cose proseguano come prima, verso ulteriori catastrofi, esplosive come questa o sistemiche come l'occupazione e l'espropriazione israeliana dei territori palestinesi, di cui il terrorismo dei coloni è battistrada .
Odio gli invasori, come la Russia di Putin in Ucraina, ma ci sono gli invasori immediati come Hamas e ci sono gli invasori sistemici come Israele nei territori occupati. Ma è arduo esporsi per sostenere una prospettiva che dice che la catastrofe e il fallimento attuale di Israele sono la terribile occasione che impone di necessità una svolta, in una deriva che perdura peggiorando da mezzo secolo. "Come un' 'occasione'?! - si dirà -"dunque l'orrore dell'aggressione terroristica di Hamas avrebbe una potenzialità provvidenziale?! Ma questa è un'apologia del terrorismo fondamentalistico e antisemita di Hamas! ". Eppure penso sia così, un'occasione che scuote il quadro dalle fondamenta, e in questa direzione si dovrebbe lavorare. Per una svolta. E le parole per dirlo, ora?
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Nota dell’11/10/23
Quello che mi ha mosso nell'immediato è il fatto che l'azione terrificante di Hamas è stata di certo incoraggiata anche dall'oblio diffuso tra gli israeliani del peso della questione palestinese. Mi aveva colpito la posizione di Gideon Levi di Haarez, che non partecipava alle manifestazioni di massa contro l'attacco del governo allo Stato di diritto, perché esprimevano quell'oblio, come se il conflitto coi palestinesi fosse ormai sedato o ininfluente. Un sintomo tragico di quell'oblio è il rave organizzato a ridosso del confine di Gaza, nonché l'assenza nella zona di forze militari. Ma quell'oblio non è solo responsabilità di Netanyahu, ma di una lunga sequenza politica e di opinione. E non è solo responsabilità israeliana, ma di tutte le forze politiche internazionali, compresa l'iniziativa del Patto di Abramo, che quella dimenticanza sanciva in funzione anti iraniana. Tutto ciò ha operato nel senso di regalare all'Iran e ai suoi alleati e accoliti la gestione geopolitica della questione palestinese, favorendo Hamas nel proporsi come protagonista egemone della stessa questione e nell'inserirsi nel quadro complessivo degli sconvolgimenti delle guerre in corso.
Quello che mi ha mosso nell'immediato è come l'orrore e l'indignazione, del tutto giustificata, abbiano anche un risvolto ipocrita, che in nome della necessaria solidarietà a Israele aggredito, mi sembrano incoraggiarlo ad insistere sulla sua strada disastrosa. A incoraggiare quel vittimismo che aggira le proprie responsabilità e che ha nutrito la destra, in Israele come altrove. E nel mettere giustamente in evidenza l'estrema efferatezza di Hamas, mi sembra oscurare l'aggressione non ( come quella di Hamas) intensiva, ma sistemica e di lunga durata dell'occupazione dei territori e dell'espropriazione, compreso il terrorismo dei coloni, non punito ma incoraggiato. A parte quel che sta già facendo Israele alla popolazione di Gaza, come fosse giustificato dal diritto di ritorsione: il bombardamento della via di fuga di Rafa e del mercato Jabalia, quasi che gli avventori delle bancarelle fossero quelle e quelli di Hamas a fare la spesa, oppure la chiusura totale dell'acqua, dell'elettricità e del cibo, per prendere in ostaggio l'intera popolazione di due milioni e passa di persone.
Neppure Abramo sarebbe stato d'accordo, quando contese con HaShem, con Dio, sulla distruzione di Sodoma e Gomorra: “E se vi fossero dei giusti - chiedeva a Dio- stermineresti anche loro pur di distruggere i colpevoli?”
Non sono certo ottimista sulla prospettiva: "Due popoli due Stati",che qualcuno rilancia, significherebbe una guerra civile in Israele con gli accoliti dei coloni e dei haredim, ; "un solo Stato" vorrebbe dire apartheid non più di fatto ma istituzionalizzato, oppure una cacciata violenta e stragista dei palestinesi, oppure una progressiva prevalenza demografico-politica dei palestinesi e dunque guerra civile. Ma si sa che gli ebrei sono molto intelligenti...
Nota del 12/10/23
Da Gaza, Hamas ha aggredito Israele, e dunque prima di tutto solidarietà con Israele. Hamas è un’organizzazione militare fondamentalista sunnita che rientra nel gioco politico del regime shiita dell’Iran. Ha per programma esplicito la distruzione di Israele e il genocidio degli ebrei. Ma il fallimento tragico di Israele in questa terribile occasione non è dovuto solo a un’inaspettata imperizia tecnica e militare del governo di estrema destra di Netanyahu, ma dal fatto che in Israele si è diffusa per decenni l’opinione che la questione palestinese fosse ormai domata e ininfluente, che un processo di pace riguardasse solo gli accordi con i regimi come l’Arabia Saudita. Invece che tentare un compromesso con i movimenti palestinesi laici in opposizione ai fondamentalismi, i governi di Israele hanno preferito perpetuare ed estendere per decenni l’occupazione dei territori palestinesi, e hanno finito per offrire la questione irrisolta ai fondamentalismi. Con il suo provvisorio e barbaro successo, ora Hamas punta a farsi riferimento egemone della esasperazione palestinese e islamista, incancrenita dalla politica israeliana di occupazione. Così Hamas assurge ad essere, appoggiata dall’Iran, tra i protagonisti nei conflitti in corso. La speranza è che Israele cambi strada e assuma le sue responsabilità sulla questione palestinese, ma ciò è molto difficile perché la situazione è incancrenita dentro lo stesso Israele.
Per adesso non è visibile cambiamento di tendenze, ma piuttosto l'accelerazione di quelle attuali. Tutto è cambiato perché nulla cambi?
Nota del 13/10/2023
Vergognosa nel mondo la canea delle destre che con l’entusiasmo di neofite filosemite criminalizzano e vietano le manifestazioni e le idee di quelli che condannano con decisione l’atroce aggressione di Hamas a Israele, ma contestualmente denunciano le responsabilità della politica di Israele verso i palestinesi. Una politica che ha la sua parte nell’avere favorito lungo i decenni le condizioni perché Hamas, con dietro l’Iran, potesse ora progettare di proporsi come riferimento fondamentalistico e terroristico della esasperazione palestinese e contro l’esistenza stessa di Israele. Al di là del diritto di Israele di difendersi e di rispondere con la guerra alla guerra di Hamas, ma non con la guerra contro i palestinesi, questi entusiasti neofiti filosemiti di destra fomentano, col loro “senza se e senza ma” pro-Israele, il precipizio verso l’estendersi delle guerre senza quartiere che si allargano sul mondo. Eppure è proprio questo il momento non solo della solidarietà per Israele aggredito, ma anche per i palestinesi vittime di Hamas e dell’occupazione israeliana. Per che cosa? Per sconfiggere Hamas e contrastare l’Iran. Perché la parte principale nel combattere il fondamentalismo islamista la possono assumere in primo luogo le donne e gli uomini nel mondo di ascendenza islamica, laica o religiosa. E sono queste le forze che vanno riconosciute, sostenute e incoraggiate. Perché è vero che esiste un conflitto di civiltà, ma non tra nazione e nazione, tra civiltà e civiltà, ma attraverso ogni nazione, ogni civiltà, ogni terra e paese.
Nota del 14/10/2023
Questo mio dossier, opera aperta su un baratro. Intravedo con angoscia questa parabola tragica in senso classico: gli ebrei le cui colpe sono state sempre molto al di sotto delle accuse e della persecuzione fino al genocidio, ora si trovano tramite Israele, con l'oppressione sistemica dei palestinesi e soprattutto con quel che sta per compiere a Gaza, a riempire il più possibile il gap tra colpe e accuse. Orrore in sé e radioso futuro per l'antisemitismo.
Maledizione su quanti per interesse geo-politico o per sentimentalismo irresponsabile hanno vellicato il vittimismo aggressivo di Israele e l'hanno incoraggiato, (anche ora!), a procedere verso questo baratro.
Nota del 15/10/23
Da contrastare l'idea diffusa che l'atrocità dell'attacco di Hamas permetta di isolarlo dalle responsabilità israeliane pregresse. Israele è corresponsabile della catastrofe non solo per le ragioni “tecniche” di non aver saputo prevenire e difendere. Israele è vittima, ma non innocente. A restaurare la figura di Israele vittima innocente valendosi della strage e dell’orrore di Hamas contribuisce il confrontarlo con la Shoà, cioè con quello che si ritiene l’inconfrontabile, mentre di questi orrori estremi e di queste illimitate crudeltà sono piene le guerre in corso. A me pare certo che Hamas si sia valsa del pregresso per proporsi come egemone della questione palestinese a favore della geopolitica iraniana, e si sia valsa della spaccatura di Israele prodotta irresponsabilmente dal governo israeliano di destra. La solidarietà con Israele aggredito è giusta e necessaria, ma il "senza se e senza ma" non lo incoraggia a una svolta radicale, necessaria per il futuro.
Nota del 15/10/23
Quel che è appena successo alla Fiera del Libro di Francoforte con la sospensione del premio letterario già annunciato alla scrittrice Adanìa Shibli, perché palestinese, è scandaloso e allarmante.
Idiotismo di guerra, di schieramento, forse accentuato ( essendo in Germania) da un complesso tedesco verso gli ebrei. Mi fa paura: ora non so se temere di più l'antisemitismo, che in dosi marginali è persino vantaggioso come vaccino di richiamo, o questo filosemitismo idiota, schierato e bellicista, cavallo di Troia di gravi pericoli.
Nota del 17/10/23
Rabbi Shim’on diceva: ci sono tre corone, la corona della Torah, la corona del sacerdozio, la corona della regalità; ma su tutte eccelle la corona del buon nome Mishnah Avoth 4,13
Interpretazione di Maimonide: la quarta corona, quella del buon nome (shem tov), è la corona suprema perché è la sintesi della altre tre: di quella della sapienza (Torah), della religione (sacerdozio), della politica (regalità).
Il buon nome risulta da come si sono combinati questi tre aspetti, a determinare la qualità etica e politica di una collettività e di una nazione, il suo credito e la sua autorevolezza e dignità nel mondo, e dunque il suo diritto e la sua durata tra i popoli. Chi vuole può ripercorrere come in questi decenni si siano incrociati in Israele le tre corone, e in che stato si trovi ora la quarta, la corona del buon nome. E in che stato si troverà il buon nome , se in risposta alla terribile aggressione che ha subito, se a quel crimine contro l’umanità, vorrà rispondere con un crimine contro l’umanità affamando e facendo strage della popolazione di Gaza. Se vorrà spianare la parte nord della striscia di Gaza, e magari conquistarla, acquisirla come ulteriore territorio occupato, se la riterrà l’unica via praticabile per estirpare Hamas.
Ma se Israele farà questo come sta facendo, non estirperà Hamas come aggressore esterno, piuttosto l’assorbirà come un cancro interno, capace di infiammare e far scoppiare dalle sue viscere la sua doppia natura etnica. E forse questa prospettiva era ed è presente nella strategia di Hamas e delle potenze come l’Iran che la sostengono e la spingono. Gli orrori compiuti da Hamas io penso servano anche ad accecare, da un lato a istigare Israele (con la collaborazione dei neofiti “filosemiti” soprattutto della destra nel mondo) a cacciarsi nel pantano sanguinoso della ritorsione sul popolo di Gaza, e ad annoverarsi tra i perpetratori di crimini contro l’umanità; dall’altro a nascondere dietro la “bestialità” dell’aggressione di Hamas, un’intelligenza strategica non solo locale ma geo-politica.
A partire dall’assassinio di Rabin ad opera di un estremista ebreo di destra, questo è l’esito del rifiuto convergente, di Israele e dei suoi nemici più radicali, della prospettiva dei “due popoli e due Stati” .
Nota del 25 ottobre
1400 uccisi in Israele da Hamas con circa 200 ostaggi; 5000 uccisi e migliaia di feriti nei bombardamenti di ritorsione israeliana sulla Striscia di Gaza, sottoposta a starvation da Israele. Sono atti che da entrambe le parti contravvengono alla Convenzione di Ginevra del 1949 che tutela i civili in caso di guerra e occupazione. Colpire in massa e indiscriminatamente i civili: che cosa, se non questo, è terrorismo? O da questa fattispecie criminale sono preservate le ritorsioni di Stato? ”Terrorismo”è un’accusa da usare ad arbitrio nella propaganda contro un nemico, o è una fattispecie criminale che ha una sua consistenza di fatto e giuridica indipendentemente da quale entità o istituzione la pratica?
Martedì 24 ottobre il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha tenuto al Consiglio di Sicurezza un discorso in cui ricordava che tra le vittime civili dei bombardamenti di Gaza ben 35 persone lavoravano per l’ Agenzia di soccorso dell’Onu, Del suo discorso riporto qui alcuni punti salienti: “Ho condannato in modo inequivocabile gli orribili e inauditi atti di terrore compiuti da Hamas il 7 ottobre in Israele. Nulla può giustificare l’uccisione, il ferimento e il rapimento deliberato di civili, o il lancio di razzi contro obiettivi civili. Tutti gli ostaggi devono essere trattati umanamente e rilasciati immediatamente e senza condizioni …
È importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono venuti fuori dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e tormentata dall violenza, la loro economia soffocata, la loro gente sfollata e le loro case demolite. La speranza di una soluzione politica alla loro situazione svanita. Ma le rimostranze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas. E questi terribili attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese.”
Guterres concludeva chiedendo un cessate il fuoco e proponeva di riprendere la prospettiva politica di “Due popoli, due Stati”.
Il punto cruciale del discorso di Guterres è questo: “gli attacchi di Hamas non sono venuti fuori dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione.”
Il governo di Israele è subito insorto, avendo interesse a fraintendere una spiegazione dei fatti compiuti da Hamas come fosse una loro giustificazione. Ma spiegare non è giustificare. Forse che spiegare il nazismo vuol dire giustificarlo? Piuttosto, è il rinunciare allo sforzo di spiegarlo vuol dire accontentarsi di sublimarlo nella categoria metafisica del “male assoluto”, che come tutti gli assoluti non dice niente del fenomeno storico e di come affrontarlo nelle sue resilienze. Ad essere onesti, Guterres dice il vero: se da Israele e da Hamas non fosse stata lasciata aperta a suppurare per decenni la ferita palestinese, Hamas e Jihad non l’avrebbero ora a disposizione come argomento, non già per l’auto determinazione dei palestinesi per la mobilitazione di alleanze geopolitiche volte a scalzare Israele e gli Usa dal Vicino Oriente.
Perché è questa l’intenzione di Hamas e dell’Iran, e non una soluzione positiva del conflitto Israeliano -palestinese E ha fatto bene Guterres, a spostare con la sua spiegazione delle condizioni in cui il terrorismo di Hamas ha potuto maturare e colpire, a spostare dalla sfera metafisica del “male assoluto” alla responsabilità politiche(di Israele, degli Stati Uniti, dell’Europa, dei palestinesi stessi) che con la loro inerzia hanno offerto a Hamas l’occasione operativa, e alla responsabilità di una svolta per una soluzione politica e umana.
A fronte della posizione di Guterres, Ben diversa la bozza approvata dall’assemblea generale dell’Onu il 27 ottobre; bozza presentata dallla Giordania a nome dei Paesi arabi a favore di una tregua su Gaza e dell’ingresso di aiuti nella Striscia., dove non si non si condanna per nome l’azione di Hamas e non si parla della questione degli ostaggi. Per questo la bozza è stata rifiutata da Israele e dagli USA e l’Italia si è quanto meno astenuta: "Manca la condanna inequivocabile degli attacchi di Hamas a Israele, manca il riconoscimento del diritto di difendersi di ogni Stato sotto attacco, in questo caso Israele, e non menziona la richiesta del rilascio immediato e incondizionato degli ostaggi del 7 ottobre", ha detto l'ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente italiano all'Onu.
Questo episodio all’Onu è di particolare gravità: la bozza presentata dalla Giordania a nome dei paesi arabi, reticente sulle responsabilità di Hamas e sulla profondissima ferita inferta a Israele , segna un ritorno indietro degli sforzi volti a una pacificazione tra Israele e i paesi arabi.
Mi si obietta che Hamas ha colpito il 7 ottobre soprattutto Kibbuz e gente tutt’altro che sorde alla questione palestinese. Credo che la scelta della zona meridionale colpita sia dovut soprattutto perché la più esposta logisticamente all’attacco, ma se si vuol considerare anche l’orientamento politico diffuso tra le vittime non ci sarebbe da stupire: il terrorismo fondamentalistico che punta non a soluzioni ma all’antagonismo colpisce di preferenza i “mediatori” piuttosto che gli antagonisti dell’altra parte. Facevano così anche le Brigate Rosse in Italia.
. La particolare barbarie terroristica dell’aggressione di Hamas, per sua premeditazione o comunque di fatto, presenta tre aspetti : la sua efferatezza è un’esibizione clamorosa volta a sancire un’ egemonia fondamentalistica sulla questione palestinese; la sua sorpresa è un’esibizione di potenza che umilia la capacità, vitale per Israele, della sua deterrenza, rivelandola fallimentare; la sua crudeltà è un ricatto a Israele, perché si senta costretta a reagire nell’immediato e cada nella tentazione di una ritorsione senza limite: strage di massa e devastazione di Gaza, con conseguenze militari, politiche e di immagine, disastrose per Israele, e corona di martirio per le sue vittime davanti al mondo.
Gli Stati Uniti, che dal 1956 avevano delegato Israele a rappresentare i propri interessi geopolitici nella regione, ora temono di essere coinvolti nello stesso suo vortice e cercano di trattenerlo dal precipitarvi.: non fate gli errori che abbiamo fatto noi dopo l’attacco alle torri gemelle dell l’11 sett del 2001, ha detto Biden.
Sicché non è del tutto chiaro il messaggio che vogliono dare gli aiuti militari e le portaerei americane schierate nella zona. Vogliono dire: vi rassicuriamo noi, per cui evitate di precipitare nel baratro; oppure, al contrario, con la nostra presenza militare suppliamo alla vostra deterrenza screditata e quindi fate quel che volete con la nostra deterrenza, andate fino in fondo, cioè a fondo? La dottrina ufficiale delle istituzioni ebraiche è, a mia esperienza, che la Shoà è un unicum ( e questo è vero), e in quanto tale non può essere confrontata con nessun’altra atrocità di massa, a meno di non volerla relativizzare e sminuire (e questo è falso).
Eppure gli orrori estremi dell’attacco di Hamas hanno indotto molti a confrontarli precipitosamente con la Shoah. Eppure l’attacco di Hamas è durato meno di un giorno; la Shoà più di 6 anni di persecuzioni , di deportazioni di massa a scala continentale, di 12 campi di sterminio, di morti a milioni per fucilazioni di massa, per fame torture camere gas e forni crematori. Che cosa induce alcuni a rompere prontamente il dogma dell’inconfrontabilità? Quel dogma che metteva sotto accusa tutti coloro che ritenevano che dalla Shoà si dovessero trarre insegnamenti universali, per prevenire, combattere e condannare ogni atrocità di massa. Quel dogma è stato infranto proprio dai suoi sostenitori, per rinnovare la figura di Israele come vittima per antonomasia e in quanto tale esente da qualunque critica, in quanto tale titolare del diritto di compiere qualunque cosa a propria difesa, fosse anche di trasformare la guerra necessaria contro Hamas in guerra contro il popolo palestinese di Gaza e di Cisgiordania.
Il massacro compiuto da Hamas non è perdonabile; non è resistenza per il riscatto palestinese ma guerra contro l’esistenza di Israele e degli ebrei. Il massacro di Gaza per bombe e fame non sarà perdonato. Non è opera delle “vittime che si fanno carnefici” ma dei vittimisti che si fanno carnefici secondo la natura e la vocazione proprie di ogni nazionalismo oltranzista che fa del proprio vittimismo la giustificazione di ogni più estrema prevaricazione.
Nota del 31 ottobre.
La riproposta ora dei due Stati ha senso in quanto riafferma la questione palestinese come non aggirabile. Quanto a fattibilità, è un'altra questione. Questione di spazi, terre e risorse, autonomie economiche e, nell'immediato, di guerra civile interna a Israele, con i coloni, ulteriormente armati dal ministro Ben Gvir contro il popolo di Cisgiordania. Armi pronte a rivoltarsi, verso l'interno. Mentre l'antisemitismo ha fatto un balzo in avanti, molto aggressivo, e lo mettono in evidenza in questi giorni le cronache degli Stati Uniti, e ciò rende molto ardua la viva controversia interna al mondo ebraico, là come in Israele e in Europa. Negli anni si è rafforzata la convergenza di interessi politici tra oltranzisti nazional religiosi israelini con le loro estese propaggini nella diaspora affetta dalla nefasta sindrome dello "Stato guida", e oltranzisti fondamentalisti islamici, qual'è Hamas: entrambi erano concordi nell'escudere qualunque compromesso.
Gli oltranzisti israeliani hanno favorito Hamas contro l'Anp in Cisgiordania, per dividere i palestinesi e rendere l'ANP di Cisgiordania impotente e subordinata. Questo favoreggiamento di Hamas è affine, a me sembra, al criterio per cui gli USA hanno appoggiato i Talebani contro l'Unione Sovietica in Afghanistan, per poi venir cacciati dall'Aghanistan dai Talebani. Grande scuola!
E', mi sembra, una catastrofica illusione sconfiggere Hamas militarmente. Non si sconfigge con le armi un' "Idea", inserita in una rete di potenze e movimenti mobilitati nella modificazione bellicosa del'assetto dei poteri e delle influenze nel mondo. Nello specifico poi, il prestigio guadagnato da Hamas nell'umiliare umiliato Israele si sta estendendo tra i palestinesi di Cisgiordania e in diaspora, esasperati dalla criminale stupidità aggressiva dei coloni. palestinese confondendoli a Gaza in un comune martirio, e in un comune prestigio di martiri. Ma questo sta appunto facendo Israele, schiacciato dal "non c'è alternativa" , con il tremulo freno di Biden. Si può sconfiggere Hamas solo politicamente e decisiva sarebbe la parte palestinese insofferente al fondamentalismo islamista di Hamas e Jihad.
Ma questa parte è umiliata da decenni e certo Abu Mazen non ne ha l'altezza né il prestigio. Come sarebbe necessario un rapido e radicale ricambio nella direzione di Israele, così sarebbe necessario nell' ANP a Ramallah. Ma questo ricambio si può tentare solo se da Israele e dalla Comunità internazionale sia proposta ai palestinesi una prospettiva e una speranza, un appoggio internazionale, fatto di investimenti politici ed economici . Si potrebbe pensare a un assetto futuro confederale, con profonde autonomie... E per il ricambio dell'ANP: pensavo a una campagna internazionale per la liberazione dalle carceri israeliane di Marwan Barghouti, che sulla base delle mie scarse conoscenze potrebbe essere persona di intelligenza, di prestigio politico nonché di martirio all'altezza di valorizzare tra i palestinesi le prospettive , qualora ci fossero, che la cosiddetta comunità internazionale prospettasse. Dato il carattere e l'urgenza dei tempi, più probabile la catastrofe e la guerra.
Nota del 3/11/23
Che cosa avrebbe dovuto fare Israele? Provo a rispondere
Di fronte all’aggressione di Hamas, Israele aveva da scegliere tra due urgenze: la prima, gli ostaggi; la seconda , riparare e ripristinare la propria deterrenza dimostratasi fallimentare, dando un colpo forte a Hamas per impedirle di continuare il bombardamento. Una vittoria su Hamas e una sua cancellazione non isembra credibile, e in ogni caso mettersi in questa prospettiva implica uno sforzo di lungo periodo, o atempo indeterminato.
Secondo me avrebbe dovuto prima di tutto prolungare la rivendicazione della liberazione degli ostaggi senza condizione, in modo di rappresentarsi giustamente come vittima di aggressione, e di far uscire il diniego o le pretese d i Hamas per metterne in evidenza il ruolo di aggressore. Invece Netanyahu ha dichiarato apertamente che prima veniva il colpo da infliggere a Hamas e solo dopo veniva la questione degli ostaggi. (Riteneva che il proprio fallimento fosse esaltato soprattutto dal fallimento della prevenzione e difesa, mentre l’essere vittima lo riteneva dato per scontato, non concependo che alla sua ventennale politica fosse imputabile alcuna responsabilità nella situazione favorevole al colpo di Hamas).
Solo dopo un accanito e non breve tentativo sugli ostaggi, Israele avrebbe dovuto dare un colpo tremendo ma non prolungato su Gaza.
Nello stesso tempo, Il governo forzato di coalizione avrebbe dovuto bloccare l'aggressione dei coloni in Cisgiordania, o almeno manifestare una forte polemica interna al governo su questo argomento, preludio di un cambiamento di linea dopo la caduta di Netanyahu.
L'errore strategico fondamentale mi sembra quello di aspirare alla vittoria totale su Hamas, (errore affine a quello di Zelensky, e per altro verso a quello americano sui talebani), che prolunga la guerra e la distruzione indefinitamente e che secondo me rafforzerà Hamas (e le sue alleanze) in Cisgiordania e nella diaspora palestinese (e nell'opinione di destra/sinistra antisemita nel modo) e farà di Israele uno Stato canaglia per la distruzione prolungata di città e di migliaia di civili.
Poi Israele dovrebbe perseguitare sulla lunga durata gli esponenti di Hamas, a Gaza e in giro per il Vicino Oriente, sul modello dell'uccisione sistematica e protratta negli anni degli autori dell'atto terroristico palestinese alle olimpiadi di Monaco del 1972.
O anche sul modello della caccia a Bin Laden. Poi dovrebbe procedere all'abbattimento già maturo di Netanyahu e rilanciare proposte di compromesso, incoraggiando interlocutori palestinesi interessati anche a combattere il fondamentalismo islamista di Hamas. Una campagna per la liberazione di Marwan Barghouti? Ma mettendo nel conto la possibilità di una guerra civile interna a Israele, promossa dalla reazione dei coloni e dei loro camerati e sostenitori.
Nota del 4/11/23
Difficile calibrare una posizione. L'aggressione di Hamas è gravissima, la strage della popolazione di Gaza e l’affamarla è gravissima. Entrambe sono de-lettimanti, di Hamas e della politica pluri- decennale di Israele, che l'ha ridotta a Stato, se non coloniale, colonialistico. Non credo che il problema sia l'indifferenza, che l'appello di Grossman lamenta, ma la difficoltà di districarsi tra la gravità dell'aggressione intensiva di Hamas, e l'aggressione intensiva di Israele su Gaza, dopo l'aggressione coloniale sistemica di Israele nei territori occupati, direttamente; o indirettamente come a Gaza. La legittimazione dell'esistenza di Israele ormai più che dalle ragioni della sua oigine è data dal fatto che è uno Stato e nazione che vive da generazioni; la legittimità dei palestinesi sui territori è analoga: generazioni. Il comprensibile allarme e invocazione di Grossman è il lamento della nostra sconfitta: Vae victis, nostra colpa di vinti, anche ad opera della maggioranza degli ebrei affetti dalla sindrome dello "Stato guida", con i disastri che comporta in termini di degenerazione.
Ora arriviamo al fondo, speriamo che sia il fondo da cui. risalire. Il razzismo è in agguato nella nostre emozioni: siamo più emozionati per le vittime israeliane, o per le vittime di Gaza? O riusciamo ad esserlo da entrambi i lati?
Nota del 14 novembre 2023.
Diffusamente, si imputa all’intervento israeliano su Gaza il criterio dell’ “occhio per occhio”. In questo terribile caso, rifiuto la citazione dell’ “occhio per occhio”, che usa anche lo storico Giovanni De Luna, perché è una clausola di Hammurabi e della Bibbia completamente fraintesa: è usata come criterio di vendetta mentre è esattamente il contrario, imponendo una proporzione tra crimine e pena, un giudice terzo, il tribunale, e un termine di tempo che sancisce la chiusura del c aso; mentre la vendetta può essere senza misura e non riguarda la terzietà, ma anzi la resa dei conti tra due parti, quella che è offesa e quella che ha offeso, e innesca una sequenza di vendetta e contro-vendetta senza sancirne una fine. Su questo ho scritto un saggio nel mio Zone di turbolenza, "Occhio per occhio, misura per misura". L'uso frainteso di questi termini, che mette sotto accusa la Bibbia originale, cioè il testo ebraico, lo ascrivo all'antigiudaismo di tradizione cristiana (da cui è meglio guardarsi, segnatamente in questo periodo), che contrappone la dismisura dell'amore cristiano alla misura giuridica ebraica.
L'intervento israeliano su Gaza è senza misura, senza conclusione attendibile, e cerca di evitare il giudice terzo.
Nota del 15 novembre 2023.
Su un nostro appello che richiede la fine dei bombardamenti e della la strage nella Striscia di Gaza , c'è una spaccatura tra ebrei democratici: altri sono contrari a una interruzione dei bombardamenti perché ritengono che la distruzione militare di Hamas sia non solo possibile, ma prioritaria come ritiene anche Netanyahu.
Netanyahu ha un conflitto di interesse nel continuare questa guerra: finché dura la guerra dura lui. Hamas non desiste dal lancio di missili su Israele e certo è necessario lo sforzo di eliminare o almeno ridurne la forza militare, ma non al prezzo della strage di civili e della devastazione, che danneggiano profondamente la stessa Israele, politicamente e moralmente. I bombardamenti aumentano il prestigio sacrificale di Hamas e del terrorismo come via senza alternativa per i palestinesi ; e se è vero che il consenso a Hamas sembra calare tra gli abitanti di Gaza che Hamas ha esposto alla ritorsione devastante di Israele, la sua influenza pare invece crescere tra i palestinesi della Cisgiordania, già sofferenti per la vessazione sistemica dell’occupazione israeliana, ora esasperati dall’aggressione armata dei coloni.
Per sconfiggere Hamas mi sembra sia necessario proporre una prospettiva politica (una svolta con appoggio internazionale) ai palestinesi ostili non solo all’oppressione di Israele, ma anche a Hamas perché contrari a sottomettersi al suo fondamentalismo islamista e al suo avventurismo terroristico, E intanto l’azione unilaterale di Israele lo isola e ne devasta le ragioni, rendendo più arduo l’appoggio internazionale a una svolta, necessaria alla sua stessa sopravvivenza , quanto meno come democrazia.
La strategia di annientare militarmente Hamas passando sopra migliaia di cadaveri a me sembra illusoria, e in più disastrosa per lo stesso Israele. Si ispira a una concezione secondo cui Hamas sarebbe un’insorgenza del famoso "male assoluto", che esime nel combatterlo da ogni scrupolo e ritegno riguardo ad “effetti collaterali” senza limiti; un male assoluto con cui non si deve trattare (almeno scopertamente) neppure su scambi di prigionieri per la salvezza degli ostaggi. Ciò in memoria di un'interpretazione non storica ma metafisica dell'antisemitismo, del nazismo e della Shoà, per cui non mette conto capirne la logica. Perché capire il nemico, che è necessario a combatterlo fino alle sue radici, è frainteso come giustificarlo. E dunque ci si attesta a definire Hamas come terrorista, come se il terrorismo non fosse una politica condotta con “altri mezzi” dalla stessa Hamas, che si nutre della questione palestinese per il suo disegno fondamentalista di distruzione di Israele e di espansione islamista in Medio Oriente.
Il “male assoluto”: da questo figura metafisica è discesa l’idea del presidente Reagan dell’impero del male, che esime dello sforzo di comprendere la logica del nemico per poterlo combattere, mentre impone l’imperativo di annientarlo. E con un tale criterio, dal Vietnam in poi, gli Stati Uniti hanno perduto militarmente ogni guerra, dall’ Irak, all’ Afghanistan, mentre avevano vinto politicamente ed economicamente la guerra fredda con l’Urss .
Ora, traumatizzati nel profondo dall’invasione atroce di Hamas, la maggioranza degli israeliani e degli ebrei è comprensibile che vedano in Hamas ritornare il “male assoluto”. e sono disposti ad illudersi (fino ad allinearsi temporaneamente con Netanyahu) che sia possibile eliminare militarmente Hamas, e che questa sia la priorità inderogabile; mentre è molto più probabile che con la devastazione di Gaza e la guerra prolungata si stia moltiplicando nel mondo l’ostilità verso Israele e di contro cresca il prestigio sacrificale di Hamas e della tendenza islamista e fondamentalista in Medio. E da questo si sentono minacciati gli stessi Stati islamici per prevedibili insorgenze fondamentalistiche di massa al proprio interno.
Per Tale interpretazione del “male assoluto” e della Shoà, Israele si va suicidando di Shoà. Di fronte a questo, la dimensione tragica di Sofocle e di Eschilo è poca cosa.
Quale messaggio dalla Shoà e dalle “giornate della memoria”, quando saremo chiamati a testimoniare delle deportazioni e del genocidio nei Lager ma sullo sfondo dei trasferimenti forzati, delle cacciate di palestinesi e delle stragi di Gaza? Perché questa è una domanda , implicita o esplicita, che graverà sulla memoria. Ci ripareremo dietro l’usbergo metafisico del male assoluto, inconfrontabile con ogni male relativo, specie se fatto in nostro nome? Come declineremo la memoria della Shoà, su questo sfondo attuale? O la memoria della Shoà ricadrà su di noi, siritorcerà su di noi in una misura mai successa prima.
Nota del 16/11/23
Dico che il massacro di Gaza si ritorcerà su di noi. Sarà forse spontaneo per la maggioranza degli ebrei trincerarsi dietro l'idea che è tutta colpa di Hamas, ma al di fuori degli ebrei la domanda che si faranno e che ci faranno porrà il problema di quale luce o tenebra verrà dallo sterminio di Gaza sulla memoria della Shoà. Ho fatto pressoché tutte le giornate della memoria da quando è stata istituita, e ora penso con timore al prossimo 27 gennaio. Che cosa dirò, che cosa diremo? Il confronto tra Shoà e Gaza sarà comunque nell'aria.
Penso che la devastazione, l'affamamento e la strage indiscriminata di Gaza rechi un danno gravissimo alla Memoria della Shoà e al suo messaggio universale sui "crimini contro l'umanità", memoria e messaggio che sono stati finora un usbergo importante contro l'antisemitismo.
L'antisemitismo era già in ripresa per il diffondersi della destra in Occidente, che la convergenza tra l'antisemitismo da destra e quello da sinistra non li sommino ma li moltiplichino, che la devastazione di Gaza li estendano come senso comune, come ovvietà, fondendo il pre-giudizo di tadizione col post-giudizio politico. D'altra parte, l'antisemitismo moderno è stato fondamentalmente un'imputazione politica contro gli ebrei: tali già erano ad esempio i "Protocolli dei Savi di Sion".
La protezione contro l'antisemitismo si attesterà non sull'evidenza del genocidio del passato, ma su un tabù via via debilitato dall'evidenza dell'oggi: la distruzione e i massacri “ebraici” di Gaza. L'abuso nazionalistico del vittimismo riferito alla Shoà, usata politicamente come usbergo per legittimare ogni abuso di Israele verso i palestinesi come eterna "legittima difesa" ci sta cadendo addosso.
Nota del 22/ 11/ 23
Dopo 1200 massacrati e 240 ostaggi rapiti da Hamas e jihad nell’invasione del 7 ottobre nel sud di Israele; dopo più di 13.000 uccisi e circa 40.000 feriti dai bombardamenti sulla striscia di Gaza, devastata e sottoposta alla fame, alla sete, alla privazione di beni necessari alla vita; dopo questi “crimini contro l’umantà” (come definiti dal Trattato di Roma) perpetrati da Hamas e da Israele, si è ora giunti a una trattativa tra il governo di Israele e Hamas per uno scambio tra 13 ostaggi e 39 detenuti palestinesi 22 nelle prigioni israeliane. Con una interruzione temporanea dei bombardamenti da entrambe le parti.
Questa trattativa a me sembra una necessità per Israele ma anche un limitato successo politico di Hamas: ha conquistato il ruolo di partner in una trattativa, liberando bambini e donne da prigioni israeliane e ottenendo l’ingresso di aiuti dopo e la sospensione dei bombardamenti peraltro da essa stessa provocati. A me pare che questa trattativa, pur nel corso di bombardamenti, il governo di Israele l’ avrebbe dovuta impostare fin dall'inizio come iniziativa propria, mentre ora gli è imposta non solo dalla giusta pressione delle famiglie dei massacrati e degli ostaggi del 7 ottobre, ma dagli USA, preoccupati da un’estensione del conflitto, e dal Katar finanziatore di Hamas.
Dopo questa breve tregua e l’ammissione di uno spazio di trattativa, che significato avrebbe la ripresa della guerra a oltranza? Non metterebbe maggiormente in evidenza che una sua prosecuzione senza termine è un conflitto di interessi di Netanyahu e del suo governo di estrema destra perche più dura la guerra più essi evitano un resa dei conti sui loro errori politici e sui loro reati su cui sono in attesa i tribunali d’Israele? Con la continuazione della guerra per un’inattendibile estirpazione di Hamas, Netanyahu ridurrebbe Israele a proprio ostaggio a tempo indeterminato.
Ultima nota, del 24/11/2023
Il rilancio del tema "Due popoli, due Stati", che anch'io ritengo, nel prevedibile, non praticabile, ha però il pregio di risollevare laquestione palestinese, messa a tacere da decenni. E' impraticabile, com'è noto, per la frantumazione dei territori palestinesi, imposta da Israele negli anni; e perché comporterebbe una guerra civile interna a Israele con i coloni ulteriormente armati dal governo di estrema destra. E probabilmente implicherebbe anche una guerra civile interna ai palestinesi, tra islamisti e laici. La guerra attuale, ufficialmente contro Hamas e di fatto contro i palestinesi, ha certo tra le sue funzioni di imporre un' unità nazionalistica contro il nemico per coprire e aggirare la spaccatura sullo Stato di diritto, acceso nelle settimane di mobilitazione della metà di Israele contro il governo di Netanyahu precedenti all'aggressione di Hamas.
La prospettiva "Due popoli uno Stato" imporrebbe viceversa un conflitto accentuato sullo Stato di diritto, e la necessità di una Costituzione che manca, senza la quale la formula "uno Stato"implicherebbe l'istituzione formale di uno Stato di Apartheid e la fine formalizzata di Israele come democrazia. Stante anche la premessa della legge promossa dalla destra che definisce Israele Stato (esclusivante) ebraico passata 4 anni fa alla Kenesset con soli due voti di maggioranza. Comunque uno Stato democratico per due popoli implicherebbe uno scontro non solo con la destra politica ma anche con quella religiosa. E dato l'odio interetnico tra ebrei e palestinesi maturato in tanti anni, uno Stato imporrebbe di necessità separatezze, forme di reciproca autonomia di tipo federale: Gaza, Israele, Cisgiordania. La prospettiva di uno Stato implicherebbe una discussione su questo, e la relativa Costituzione dovrebbe prevederle.
Non credo che Israele, e gli ebrei implicati nella sindrome dello "Stato guida" di infausta memoria, abbiano l'energia per una teshuvà, per una sostanziale svolta in questa generazione, e quindi continuerà la degenerazione. La pressione degli alleati di 24 Israele che sarebbe necessaria per aiutarlo in questa svolta e trasformazione mi sembra fiacca e indecisa.
Amaramente, l'esito più probabile di questa catastrofe sarà la sostanziale continuità della politica di Israele: l'emigrazione di palestinesi per insostenibilità della vita sotto vessazione sistemica,
riduzione del loro numero e del loro peso politico, conferma dell'occupazione ed espropriazione crescente dei loro territori, degenerazione della qualità democratica di Israele e logoramento del prestigio politico e morale di Israele e con esso degli ebrei; nuova popolarità dell'antisemitismo in crescita. E imbarazzo della memoria della Shoà di fronte alla devastazione di Gaza e della strage negli ospadali, nelle scuole nelle case... Tutto ciò sarà accolto con soddisfazione dalle destre nazionalistiche nel mondo, alleate della politica di Israele da un lato e dell'antisemitismo di destra e di sinistra dall'altro.
Ciò non ci esime dalla lotta a fianco di una grande parte di Israele e degli ebrei. Servirà nel tempo, non solo alle nostre coscienze.
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